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LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI – D. LGS. 231/01 E MODELLI ORGANIZZATIVI
Il D. Lgs. 231/2001 sulla “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300” rappresenta un rivoluzione nel sistema giuridico italiano, poiché introduce un cosiddetto “terzo genius” (terzo tipo, ulteriore rispetto a quella penale e civile) di responsabilità: ossia una responsabilità formalmente di tipo penale in capo, però, alle persone giuridiche, cioè alle società, enti, aziende, etc., che sorge a seguito della commissione da parte di un soggetto incardinato in tali organizzazioni di un fatto illecito (reato), tra quelli elencati nello stesso D. Lgs. 231/01, dalla cui consumazione sia derivato un interesse o un vantaggio per la medesima società.
Vediamo di seguito un approfondimento sul tema, affrontando i seguenti argomenti:
• COSA INTRODUCE IL D. LGS. 231/01 IN ITALIA?
• QUALI REATI SONO DI INTERESSE PER IL D. LGS. 231/01?
• QUALI SONO LE SANZIONI PREVISTE DAL D. LGS. 231/01?
• COSA DEVE FARE L’AZIENDA PER EVITARE L’APPLICAZIONE DELLE SANZIONI PREVISTE DAL D. LGS. 231/01?
• COSA SI INTENDE PER MODELLO ORGANIZZATIVO AI SENSI DEL D. LGS. 231/01?
• MODELLI DI ORGANIZZAZIONE E GESTIONE: COSA PREVEDE IL D. LGS. 81/08?
COSA INTRODUCE IL D. LGS. 231/01 IN ITALIA?
In estrema sintesi, il D. Lgs. 231/01 introduce per la prima volta in Italia una forma di responsabilità delle aziende che hanno
tratto un vantaggio o un interesse da un reato commesso da parte di un soggetto appartenente alla stessa
organizzazione (amministratori, dirigenti, dipendenti, collaboratori).
Questo significa che con il decreto legislativo 231 del 2001, il legislatore ha inteso aggiungere:
• alla responsabilità penale della persona fisica che materialmente consuma il reato,
una responsabilità in capo all’organizzazione aziendale, denominata “colpa di organizzazione” o “colpa organizzativa”, ascrivibile all’azienda, società, associazione, per il reato commesso da un soggetto apicale o da un soggetto sottoposto. In sostanza, ai sensi del D. Lgs. 231/01, l’azienda, in quanto organizzazione, viene ritenuta corresponsabile del reato che, comunque, dal punto di vista penale è ancora attribuito ad una o più persone fisiche.
QUALI REATI SONO DI INTERESSE PER IL D. LGS. 231/01?
L’elenco dei reati per i quali si applicano le previsioni del D. Lgs. 231/01 è stato oggetto di una progressiva espansione, che continua sino ad oggi. Il Legislatore, infatti, successivamente all’entrata in vigore del D. Lgs. 231/01, ha enormemente accresciuto il novero dei reati catalogati (reati presupposto), in funzione delle rinnovate esigenze di prevenzione che sono maturate nel tempo. A questo bisogna aggiungere i numerosi interventi legislativi volti ad un aggravamento sanzionatorio delle singole fattispecie già
previste. In particolare, per quanto attiene gli infortuni sul lavoro, la Legge 123/07 ha introdotto nel D. Lgs. 231/01 l’art. 25-septies,
con il quale sono inclusi tra i reati presupposto compendiati dallo stesso:
• l’omicidio colposo in violazione di norme antinfortunistiche
• le lesioni personali colpose a seguito di infortunio sul lavoro
facendo gravare quindi sull’ente, tipicamente l’azienda alle cui dipendenze opera l’infortunato, la possibilità di essere considerato responsabile dei reati di lesione colposa od omicidio colposo derivante per un infortunio/malattia sul lavoro, commessi in violazione delle norme antinfortunistiche. Pertanto dal 2007, per la prima volta in Italia, il nuovo regime di responsabilità coinvolge, nella repressione degli illeciti penali connessi con la sicurezzà e la salute dei lavoratori, il patrimonio e/o l’operatività degli Enti che abbiano tratto un interesse o un vantaggio dalla commissione degli illeciti stessi.
QUALI SONO LE SANZIONI PREVISTE DAL D. LGS. 231/01?
Il sistema sanzionatorio previsto dal D. Lgs. 231/2001 prevede:
• sanzioni pecuniarie
• sanzioni interdittive
• confisca
• pubblicazione della sentenza.
Tra le sanzioni interdittive sono previste:
• interdizione della società dall’esercizio dell’attività;
• la sospensione o la revoca di autorizzazioni, licenze, concessioni funzionali alla commissione dell’illecito di cui sia in possesso l’azienda;
• il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione da parte della società;
• l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
• il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Quando l’ente viene ritenuto responsabile viene sempre applicata una sanzione pecuniaria. La sanzione pecuniaria è determinata dal giudice attraverso un sistema basato sul principio delle quote: l’importo di unasingola quota va da:
• un minimo di € 258,23
• ad un massimo di € 1.549.37.
La sanzione pecuniaria viene applicata dal giudice, in base a criteri di congruità rispetto alla gravità del reato e all’effettivo vantaggio conseguito dalla società, con minimi e massimi variabili in funzione del reato, che in generale prevedono un numero:
• non inferiore a 100 quote
• né superiore a 1000 quote.
Da ciò deriva che la sanzione massima prevista dal D. Lgs. 231/01 raggiunge il ragguardevole importo di € 1.549.370!!! Le sanzioni interdittive possono essere applicate anche in via cautelare – e in tal caso si definiscono misure interdittive – cioè nel corso delle indagini, quando sussistano gravi indizi circa la responsabilità dell’ente per un illecito amministrativo dipendente da reato e vi sia il concreto pericolo di reiterazione di illeciti simili a quello per cui si sta procedendo all’accertamento della responsabilità.
COSA DEVE FARE L’AZIENDA PER EVITARE L’APPLICAZIONE DELLE SANZIONI PREVISTE DAL D. LGS. 231/01?
L’art. 6 del D. Lgs. 231/01 stabilisce che l’Ente possa sottrarsi da responsabilità, qualora dimostri:
• di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto/reato “modelli di organizzazione e di gestione (abbreviati dall’acronimo MOG) idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”:
• di aver affidato il compito di vigilare sul funzionamento, sull’efficacia e sull’osservanza del predetto modello e sull’aggiornamento dello stesso, ad un “organismo di controllo interno all’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo” usualmente denominato Organismo di Vigilanza, ossia OdV. Pertanto, il Modello di Organizzativo e Gestione (MOG) rappresenta uno strumento fondamentale per giungere all’esenzione di responsabilità dell’ente previste dal D. Lgs. 231/01, poiché la sua:
• ideazione
• applicazione
• efficace attuazione
rappresenta la prova della sussistenza di un’adeguata organizzazione aziendale, tale da prevedere procedure idonee a prevenire la commissione dei reati presupposto, espressamente previsti dalla normativa. In sostanza, ai fini della responsabilità dell’ente prevista dal D. Lgs. 231/01, non è sufficiente che il reato sia stato commesso nell’interesse ed a vantaggio dell’ente, ma è necessario che esso derivi da una “colpa organizzativa”, quando non costituisca addirittura l’espressione di un preciso intento di politica aziendale.
COSA SI INTENDE PER MODELLO ORGANIZZATIVO AI SENSI DEL D. LGS. 231/01?
Un Modello di Organizzazione e Gestione (MOG) esimente dalle responsabilità previste dal D. Lgs. 231/01 dovrà rispondere:
• ai requisiti previsti dall’art. 6 comma 2 dello stesso decreto
• nonché, qualora sia prevedibile il rischio di reato connesso alle violazioni di norme antinfortunistiche, anche ai requisiti
previsti dall’art. 30 del D. Lgs. 81/2008.
L’art. 6 del D. Lgs. 231/01 prevede che i Modelli di Organizzazione e Gestione devono rispondere alle seguenti esigenze:
a. individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
b. prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;
c. individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati-
d. prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli;
e. introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
Pertanto, un Modello di Organizzazione e Gestione (MOG) dovrà contenere:
1. un’analisi del rischio di reato, ossia una identificazione dei reati che potrebbero essere commessi, delle modalità e delle aree aziendali nei quali tali reati potrebbero avvenire
2. protocolli per il governo dei processi, cioè l’individuazione delle modalità operative per la programmazione e il compimento dei processi aziendali, finalizzati a prevenire la commissione dei reati individuati nella precedente analisi
3. degli obblighi di informazione nei confronti dell’Organismo di Vigilanza (OdV);
4. un sistema disciplinare che preveda sanzioni per ogni soggetto coinvolto nei processi aziendali a rischio di reato.
È necessario sottolineare che il Modello di Organizzazione e Gestione (MOG) per avere efficacia esimente, non solo deve essere idoneo “sulla carta”, ma deve essere efficacemente attuato, ossia deve avere tutti i presupposti per impedire il reato:
• sia in termini di individuazione astratta delle misure tese a prevenire il reato
• sia in termini di applicazione effettiva di tali misure.
Inoltre, va evidenziato che la responsabilità dell’ente non trova fondamento solo e semplicemente nel non aver saputo effettivamente impedire la commissione del reato, dato che, se così fosse, il Modello di Organizzazione e Gestione (MOG) adottato risulterebbe automaticamente inadeguato, a prescindere da qualsiasi valutazione sulla effettiva condotta delle persone che ne hanno violato i protocolli. Ai fini dell’effettiva applicazione del Modello di Organizzazione e Gestione (MOG), l’Organismo di Vigilanza (OdV) costituisce un elemento fondamentale nei modelli di gestione e nel garantire, con la sua attività di controllo, l’efficace attuazione degli stessi.
In sostanza, ai fini della responsabilità dell’ente è fondamentale prendere in considerazione i comportamenti tenuti dai soggetti che hanno commesso i reati, in particolare qualora questi abbiano agito “fraudolentemente” con l’intento di aggirare i sistemi di controllo del Modello di Organizzazione e Gestione (MOG), tra i quali anche quelli a carico dell’Organismo di Vigilanza (OdV). In tal caso, infatti, un Modello di Organizzazione e Gestione (MOG) pure adeguato ed efficace, può fallire nell’impedire la commissione di un reato. Dunque la natura fraudolenta della condotta del soggetto costituisce l’indice rivelatore, a posteriori, della validità del modello: solo una condotta fraudolenta può, forzando ed aggirando le “misure di sicurezza”, consentire la commissione di un reato in un’organizzazione “protetta” da un Modello di Organizzazione e Gestione (MOG) efficace.
MODELLI DI ORGANIZZAZIONE E GESTIONE: COSA PREVEDE IL D. LGS. 81/08?
Il D. Lgs. 81/2008 ha richiamato la possibilità di istituire un Modello di Organizzazione e di Gestione (MOG), previsto dal D. Lgs. 231/01 ed idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa dell’Ente, dando ulteriori ed esplicite indicazioni sui connotati di tale modello nell’art. 30 dello stesso Testo Unico Sicurezza sul Lavoro.
Sempre l’art. 30 del D. Lgs. 81/08 precisa che i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle:
• Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001
• British Standard OHSAS 18001:2007, quest’ultima costituente al momento della scrittura del D. Lgs. 81/08 l’unico riferimento normativo sui sistemi di gestione della sicurezza “certificabili” da un ente accreditato, ora sostituita dalla norma UNI ISO 45001.
si presumono conformi ai requisiti sopra citati per le parti corrispondenti: tali norme, infatti, non sono sovrapponibili al modello
richiesto dal D. Lgs. 231/01.
In sostanza, un Modello di Organizzazione e Gestione che voglia essere esimente anche dalle sanzioni applicate per la
commissione dei reati di:
• omicidio colposo
• o lesioni personali colpose
in violazione delle norme antinfortunistiche, dovrà rispettare i requisiti previsti dal:
• D. Lgs. 231/01
• e dall’art. 30 del D. Lgs. 81/2008
I due riferimenti di legge non sono tra loro alternativi, così come l’adozione di un Sistema di Gestione della Sicurezza conforme alla norma UNI ISO 45001 non sostituisce il Modello di Organizzazione e Gestione previsto dal D. Lgs. 231/01 e D. Lgs. 81/2008 ma ne può costituire un elemento fondamentale, in particolare per rispondere ai requisiti previsti dall’art. 30 del Testo Unico Sicurezza sul Lavoro.
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