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Decreto Trasparenza: Novità sulla formazione obbligatoria
Gestione del rapporto di lavoro: dal periodo di prova alla formazione
Entra in vigore il d.l. n. 104/2022 (c.d. Decreto Trasparenza) di recepimento della direttiva UE 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea. Oltre a introdurre nuovi obblighi informativi a carico delle aziende, il decreto introduce nuove tutele per i lavoratori, regolamentate nel capo III rubricato “Prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro”.
Formazione obbligatoria: cosa prevede il Decreto Trasparenza
i corsi di formazione alla sicurezza che il datore di lavoro dovrà erogare al lavoratore, dovranno essere già indicati nel contratto. Di fatto, le aziende che finora hanno trascurato gli aspetti legati alla sicurezza sul lavoro dovranno prestare maggiore attenzione a questo elemento. Anche perché, in mancanza di tale informazione nel contratto, un lavoratore consapevole può ancor più facilmente intentare una causa di lavoro.
L’obbligo di fornire le informazioni sopra citate come esempio (più tutte quelle previste per legge) è assolto con la consegna al lavoratore (al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell’inizio dell’attività lavorativa), alternativamente:
- del contratto individuale di lavoro, redatto per iscritto;
- della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro.
Qualora non fosse presente, in questi documenti, la specifica relativa alla formazione, tale informazione può essere fornita al lavoratore entro un mese dall’inizio della prestazione lavorativa.
Come specificato al comma 1, quando il datore di lavoro è tenuto a erogare ai lavoratori una formazione per lo svolgimento del lavoro per cui sono impiegati, tale formazione va considerata come orario di lavoro e va svolta durante lo stesso. Questa formazione, viene ribadito nel decreto 104/2022, deve essere fornita gratuitamente a tutti i lavoratori.
Quanto appena detto non si applica, invece, alla formazione professionale o a quella necessaria ai lavoratori per ottenere determinate qualifiche professionali (o per mantenerle/rinnovarle). A meno che il datore di lavoro non sia tenuto a fornirla, secondo la legge o la contrattazione collettiva.
Restano ferme, invece, le disposizioni presenti nel Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, agli articoli 36 e 37. Di seguito, ecco un riepilogo di quanto previsto.
L’articolo 36 del D.Lgs. 81/08: informazione ai lavoratori
Come specificato ai commi 1 e 2, il datore di lavoro deve provvedere a fornire a ciascun lavoratore un’adeguata informazione su:
- rischi per la salute e sicurezza sul lavoro legati all’attività dell’azienda in generale;
- procedure di primo soccorso, lotta antincendio, evacuazione luoghi di lavoro;
- nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di primo soccorso e prevenzione incendi;
- nominativi del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione e protezione e del medico competente;
- rischi specifici relativi all’attività del lavoratore, normative di sicurezza e disposizioni aziendali in materia;
- pericoli connessi all’uso di sostanze e preparati pericolosi;
- misure e attività di protezione e prevenzione adottate.
Il contenuto dell’informazione deve essere di facile comprensione per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze.
L’articolo 37 del D.Lgs. 81/08: formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
In questo caso, il datore di lavoro deve garantire che ogni lavoratore riceva un’adeguata formazione in tema di salute e sicurezza, in particolare su:
- concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei diversi soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
- rischi connessi alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione (del settore o del comparto di appartenenza dell’azienda).
Tra i punti principali dell’articolo 37, va ricordato che formazione e (dove previsto) addestramento specifico, devono avvenire al momento della costituzione del rapporto di lavoro, in caso di trasferimento o cambiamento di mansione oppure di introduzione di nuove attrezzature, tecnologie, sostanze e preparati pericolosi.
Altre figure che necessitano di formazione specifica, menzionate nell’articolo in questione, sono:
- datore di lavoro, dirigenti e preposti;
- lavoratori addetti a prevenzione incendi e lotta antincendio, evacuazione luoghi di lavoro, primo soccorso e gestione dell’emergenza;
- rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Oltre ai nuovi obblighi informativi il decreto Trasparenza è intervenuto sulla gestione dei lavoratori. In particolare, per il periodo di prova è prevista una durata non superiore a 6 mesi e la proporzionalità in relazione alla durata del contratto stesso ed alle mansioni. E’ inoltre possibile, per il lavoratore che ha completato il periodo di prova, chiedere per iscritto che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili. Il datore di lavoro privato non può, inoltre, impedire al lavoratore di svolgere un’altra attività lavorativa, al di fuori della programmazione concordata.
Durata massima del periodo di prova
Viene previsto che il periodo di prova
- non possa avere durata superiore a 6 mesi;
- in caso di rapporto a termine è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego;
- è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza nei casi di malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità (il periodo di prova non sarebbe prorogabile invece nel caso di assenze quali ferie e permessi).
Infine nel caso in cui un contratto venga rinnovato per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non potrà essere soggetto a un nuovo periodo di prova (c.d. divieto di ripetizione del periodo di prova).
In tal modo vengono normati principi giurisprudenziali ormai consolidati: ad esempio sono molti i CCNL a prevedere la proroga del periodo di prova nei casi di assenze dovute a tali cause (che determinano una sospensione del periodo di prova) così come in ordine alla ripetizione del patto di prova.
Secondo la giurisprudenza ormai consolidata (cfr. Cassazione, 6 novembre 2018, n.28252, Cass., 11 luglio 2018, n. 18268) è possibile ripetere il periodo di prova in due successivi contratti di lavoro tra le stesse parti quando
- sia decorso un apprezzabile intervallo temporale tra un contratto e l’altro;
- vi sia la necessità per il datore di lavoro, di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione, elementi suscettibili di modifica nel tempo.
Rimangono esclusi dal campo di applicazione della norma i dipendenti delle P.A. per i quali è previ sto dall’art. 17 del d.p.r. n. 487/1994 l’assunzione in servizio in via provvisoria, sotto riserva di accertamento del possesso dei requisiti prescritti per la nomina.
Cumulo di impieghi
Viene riconosciuto in linea generale al lavoratore la possibilità di svolgere un ulteriore attività lavorativa al di fuori dell’orario di lavoro stabilito, senza che per questo motivo il datore/committente possa riservargli un trattamento meno favorevole.
Tuttavia non ci troviamo di fronte a un diritto incondizionato; il datore di lavoro può infatti negare al dipendente lo svolgimento di un altro rapporto di lavoro in presenza di una delle seguenti condizioni:
- qualora rechi un pregiudizio per la salute e la sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi;
- qualora vi sia la necessità di garantire l’integrità del servizio pubblico;
- nel caso in cui la diversa e ulteriore attività lavorativa sia in conflitto di interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà (art. 2105 c.c.).
Prevedibilità minima del lavoro
Se l’organizzazione del lavoro sia interamente o in gran parte imprevedibile, il datore di lavoro non può imporre al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa salvo che ricorrano le seguenti condizioni
- il lavoro si svolga entro ore e giorni di riferimento predeterminati (cioè le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative comunicati dal datore di lavoro);
- il lavoratore sia informato dal suo datore di lavoro sull’incarico o la prestazione da eseguire, con il ragionevole periodo di preavviso (da intendersi il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell’inizio della prestazione lavorativa su cui il datore di lavoro deve informare il lavoratore).
Il lavoratore, in difetto di una delle condizioni di cui sopra può rifiutare di assumere un incarico di lavoro o di rendere la prestazione, senza subire alcuna conseguenza.
Al comma 4 viene riconosciuta una specifica tutela in favore del lavoratore: nel caso di revoca di un incarico di lavoro precedentemente programmato, lo stesso ha diritto ad essere ristorato dal datore.
Diritto di precedenza (art. 10)
I lavoratori con un’anzianità di servizio di almeno 6 mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente, hanno il diritto di richiedere per iscritto il riconoscimento di “una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili” (se disponibile), alla quale deve eseguire entro un mese una risposta scritta motivata.
Il lavoratore che abbia ricevuto risposta negativa può reiterare la richiesta dopo che siano trascorsi almeno 6 mesi dalla precedente.
Le persone fisiche in qualità di datori di lavoro o le imprese che occupano fino a cinquanta dipendenti possono rispondere in forma orale qualora la motivazione della risposta rimanga invariata rispetto alla precedente.
La disposizione non si applica ai lavoratori delle P.A.
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