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Analizziamo i Rischi: Il rischio Microclima
Il microclima influisce in maniera significativa, insieme all’inquinamento dell’aria indoor, sulla qualità degli ambienti in cui si vive e si lavora e quindi sul benessere delle persone. Il conseguimento del benessere termico, cioè lo stato di piena soddisfazione nei confronti dell’ambiente stesso, costituisce una condizione indispensabile e prioritaria per il conseguimento del benessere totale.
Definizione Microclima
Nell’accezione generale con il termine “microclima” si intende una gamma di parametri fisici che caratterizzano gli ambienti di vita e di lavoro, e che determinano il “benessere termico” delle persone.
I fattori principali che determinano il microclima sono la temperatura, l’umidità relativa, la temperatura media radiante e la velocità dell’aria. Tali parametri modificano la percezione dell’ambiente in esame da parte degli occupanti ed è sul loro controllo che si indirizzano le strategie tese al miglioramento del comfort termico.
Le condizioni microclimatiche degli ambienti di lavoro possono essere diverse in funzione di:
- ciclo produttivo (produzioni legate a temperature particolari);
- caratteristiche ambientali (lavori in sotterraneo, in altura, ecc.);
- caratteristiche strutturali dei luoghi di lavoro (materiali costruttivi, loro proprietà termiche, ecc.);
- impianti utilizzati per controllare le condizioni climatiche (ventilatori, condizionatori, ecc.).
Rischi a breve e lungo termine
Per quanto riguarda il microclima, convenzionalmente, si distinguono gli ambienti “moderati” da quelli “severi” secondo il seguente criterio:
1) gli ambienti “moderati” sono ambienti nei quali gli scambi termici fra soggetto e ambiente consentono il raggiungimento di condizioni prossime all’equilibrio termico, ovvero di comfort;
2) gli ambienti “severi” sono, al contrario, quelli in cui le condizioni ambientali sono tali da determinare nel soggetto esposto uno squilibrio termico tale da poter rappresentare un fattore di rischio per la sua salute.
Questi ultimi si suddividono in:
- ambienti severi caldi che sottopongono il sistema cardiovascolare a notevoli condizioni di sforzo, che possono causare il cosiddetto colpo di calore.
- ambienti severi freddi comportano il rischio dell’insorgere di uno stato di ipotermia, che può determinare anche conseguenze letali.
Fig.1 Principali disabilità termiche e disabilità primarie associate (tratta da ISO 28803:2012)
Patologie da caldo, sono molto spesso connesse alle funzionalità dell’apparato cardiovascolare:
- abbassamento della pressione sanguigna, fino ad arrivare alla sincope (perdita di coscienza transitoria);
- difficoltà respiratorie;
- crampi, causati dalla disidratazione e dalla conseguente perdita di elettroliti; si manifestano particolarmente in coloro che, per condizioni patologiche di base, fanno uso di farmaci diuretici;
- rash cutaneo;
- edemi, causati particolarmente dalla vasodilatazione;
- colpo di calore, che avviene quando le capacità dell’organismo di disperdere calore non riescono a far fronte all’abnorme aumento di temperatura. E’ un’emergenza medica e può provocare gravi danni a vari organi, ed in particolare al cervello, fino al decesso;
- colpo di sole, legato a una prolungata e intensa esposizione ai raggi solari.
Patologie causate dal freddo
- Orticaria da freddo tipica di soggetti con abnorme reattività alle basse temperature, nei quali l’esposizione anche breve al freddo non eccessivo può essere seguita da vasodilatazione prolungata
- Assideramento, sindrome connessa all’abbassamento della temperatura del nucleo corporeo causata dall’esposizione prolungata al freddo e caratterizzata da progressiva depressione delle funzioni vitali.
- Acrocianosi
- Geloni ed eritema pernio, cioè manifestazioni localizzate alle estremità, causate dalla esposizione al freddo e che interessano soggetti predisposti (linfatismo, anemia, distonia neurovegetativa), prevalentemente di sesso femminile, alla cui base vi è un’alterata regolazione del tono e della permeabilità vascolare con edema localizzato.
- Congelamento interessa prevalentemente le estremità (mani, piedi, orecchie, naso).
- Ipotermia.
Ambienti di lavoro con rischio Microclima : sorgenti di rischio
Ambienti severi caldi:
In primo luogo, si pensi a chi opera all’aperto:
— agricoltori durante la raccolta di prodotti estivi in pieno campo;
— addetti ai cantieri stradali (una maggiore criticità si ha nel caso delle asfaltature);
— addetti edili;
— Vigili del Fuoco e del Corpo Forestale Statale addetti all’ attività di spegnimento degli incendi;
— Ecc.
Non mancano però situazioni critiche anche per quanto riguarda gli ambienti interni:
— fonderie e altoforni nell’industria metalmeccanica;
— vetrerie (limitatamente alla fusione della silice);
— panifici;
— operatori agricoli all’interno delle serre (in cui agisce anche l’elevata umidità relativa e spesso gravata dall’illuminazione artificiale);
— manutentori, nel caso in cui l’avaria si accompagni a sviluppo di calore (la situazione si può aggravare nel caso in cui gli ambienti severi caldi siano collocati all’interno di luoghi confinati);
— ecc.
Le problematiche delle elevate temperature nei luoghi di lavoro sono pertanto molto diffuse e coinvolgono potenzialmente un gran numero di lavoratori, di attività e di comparti.
Ambienti severi freddi:
Lavoratori che operano in tali condizioni possono essere agricoltori, boscaioli, addetti alle manutenzioni (in condizioni ordinarie e di emergenza), operatori del soccorso, ecc. Situazioni di ipotermia insorgono anche in lavoratori che operano in ambienti interni:
— magazzinieri in locali o celle frigorifere;— comparto agroalimentare (conservazione e lavorazione frutta e verdure, quarta gamma, macellai);
— personale sanitario (celle mortuarie, laboratori di analisi).
Tutela del lavoratore
Il D.Lgs. 81/08 impone al datore di lavoro la valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro, compresi quelli legati alle condizioni microclimatiche.
Valutazione del rischio Microclima
Normativa
Benché il d.lgs. 81/08 abbia inserito il microclima nel rischi fisici da valutare ai sensi del Titolo VIII, l’assenza di uno specifico capo non fornisce, alla pari degli altri rischi come rumore, vibrazioni ecc., delle univoche indicazioni su come valutare tale rischio. La valutazione del microclima viene effettuata facendo riferimento alla normativa tecnica internazionale e nazionale basata su principi indiscussi da oltre quarant’anni.
Poiché, come anticipato al precedente, non esiste un capo del titolo VIII specificamente dedicato al microclima, a questo si applicano le disposizioni generali contenute negli articoli 181 – 186. Si sottolinea a questo proposito il principio affermato in generale all’art. 28, e ribadito relativamente agli agenti fisici all’art. 181, che obbliga il Datore di lavoro alla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza, incluso pertanto anche quello dovuto all’esposizione a microclima, in relazione ai quali esiste quindi l’obbligo (sanzionabile) alla valutazione ed all’identificazione delle misure preventive e protettive per minimizzare il rischio.
In aggiunta alle disposizioni contenute nel titolo VIII, il d.lgs. 81 del 9 aprile 2008 e s.m.i si occupa di microclima anche in una parte dell’allegato IV (Luoghi di lavoro), a sua volta richiamato dall’art. 63 (Requisiti di salute e sicurezza), il quale richiede la conformità dei luoghi di lavoro agli elementi ivi indicati. In particolare il microclima compare ai punti 1.9.2 e 1.9.3 del citato allegato IV.
Misure di prevenzione e protezione dal rischio Microclima
Entrando nello specifico della normativa, l’Allegato IV al punto 1.9, definisce i requisiti minimi che i luoghi di lavoro devono possedere per poter risultare conformi e quindi garantire condizioni di benessere adeguate.
Il primo aspetto valutato è quello relativo alla aerazione dei luoghi di lavoro chiusi, che deve essere sempre garantita preferenzialmente con finestre e, qualora non possibile, con impianti di aerazione periodicamente controllati, mantenuti funzionanti in modo da non esporre i lavoratori a correnti d’aria diretta.
Un altro aspetto importante da non sottovalutare è quello della corretta regolazione della temperature (1.9.2), che devono essere adeguate in considerazione dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici previsti.
Infine anche il grado di umidità assume un ruolo importante, deve essere sempre tenuta sotto controllo e mantenuta all’interno di livelli adeguati, compatibilmente con le esigenze tecniche del lavoro.
La vasta eterogeneità degli ambienti lavorativi e delle molteplici attività che in questi si possono eseguire, non consente di indicare delle linee guida precise e standardizzate, applicabili in forma generale a tutti i luoghi di lavoro.
Si pensi per esempio alle grandi attività industriali, in cui centinaia di operai prestano la loro opera contestualmente in situazioni di lavoro in cui devono essere utilizzati macchinari e strumentazioni che producono calore, o viceversa ad addetti dell’industria alimentare che eseguono attività in cui vengono utilizzate celle frigorifere per la conservazione dei prodotti. In queste situazioni il datore di lavoro dovrà eseguire un’attenta valutazione dei rischi correlati a esposizione a temperature disagevoli, o a improvvisi sbalzi termici, sfruttando tutti le misure tecniche, organizzative e procedurali volte a garantire prevenzione (ove possibile) e protezione dal rischio.
Tra i provvedimenti organizzativi e tecnici in ambienti caldi possiamo citare inoltre:
– la garanzia di disponibilità d’acqua potabile
– Laddove possibile programmare una rotazione nel turno fra i lavoratori esposti;
– Programmare pause in un luogo possibilmente fresco e comunque in aree ombreggiate.
– Programmare i lavori più faticosi in orari con temperature favorevoli (ad esempio la mattina presto o nel tardo pomeriggio – sera)
– Aumentare la forza lavoro per ridurre i tempi di esposizione ed aumentare le pause.
– Per ridurre il calore endogeno prodotto in seguito all’attività lavorativa – Fornire al lavoratore le attrezzature necessarie per limitare le attività lavorative pesanti;
– Per ridurre il carico radiante: Posizionare schermi protettivi fra il lavoratore e la sorgente radiante (semplici superfici riflettenti o riflettenti ed assorbenti);.
Provvedimenti organizzativi in ambienti freddi
· definire turni di lavoro solo nel periodo diurno (dalle 8 alle 17);
· predisporre periodi di pausa in ambienti confortevoli diversi da quelli dove si svolgono le attività lavorative;
· predisporre ove possibile ripari dal vento e dalla pioggia;
· al comparire di sintomi quali giramenti di testa, difficoltà di concentrazione, spossatezza, bruciore alla pelle interrompere le attività e portarsi all’interno di un luogo confortevole;
· in caso di sforzo fisico, asciugarsi regolarmente il sudore;
DPI – DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE ED INDUMENTI
Ambienti caldi
· mettere a disposizione idonei dispositivi di protezione individuale ed indumenti protettivi quali cappelli a tesa larga e circolare per la protezione del capo, orecchie, naso e collo;
· occhiali per protezione dai raggi solari;
· creme protettive solari SOLO SU INDICAZIONE MEDICA;
· abiti leggeri di tessuto traspirante (cotone);;
· scarpe di sicurezza /protezione di modello estivo
Ambienti freddi
· fornire ai lavoratori DPI antifreddo per il corpo e per il capo conformi alla norma UNI EN 342:2004 e per le mani conformi alla norma UNI EN 511:2006;
· fornire ai lavoratori DPI antifreddo per i piedi con grado di protezione CI per il freddo e WR per l’acqua secondo norma UNI EN 20345:2012 (e con protezione meccanica in funzione della tipologia di rischio);
· fornire ai lavoratori DPI per la protezione dalla pioggia conformi alla norma UNI EN 343:2008;
· indossare berretti antifreddo (se necessario al di sotto del casco antinfortunistico);
· l’abbigliamento per il freddo non deve essere stretto e deve essere traspirante per consentire la dispersione del sudore eventualmente accumulato;
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